LA PUGNALATA ALLA SCHIENA (il vicequestore Sebastiano Vinci)
Una delle azioni più vili commesse dall’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale accadde proprio allo scoppio del conflitto, quando il nostro Paese dichiarò guerra alla Francia ormai ridotta in ginocchio dall’invasione tedesca, con migliaia di soldati uccisi in battaglia, con altre decine di migliaia già prigionieri della Wehrmacht, con i carri armati di Hitler ormai alle soglie di Parigi.
Fu un gesto abietto e vergognoso diretto verso un nemico ormai sconfitto, superato nella vergogna solo dall’ignobile aggressione alla Grecia, un’azione che i francesi chiamarono giustamente “coup de pougnard” (la pugnalata) e che noi italiani abbiamo tradotto come “la pugnalata alle spalle”. Fu un gesto disgustoso che scontammo durante la guerra e al momento del Trattato di Pace, quando la Francia si vendicò spietatamente del nostro tradimento di allora.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. L’Italia è diventata una Democrazia occidentale. Ha partecipato alla nascita della Comunità Europea ed è stata una delle Nazioni più attive nell’integrazione politica ed economica del Vecchio Continente. Ha trasformato una Nazione povera, arretrata e distrutta dalla guerra nella quinta potenza economica del pianeta. Certo, vi sono tuttora dei problemi seri come una classe politica assestatasi sul livello di una mediocrità pressocchè assoluta, la presenza di una forte criminalità organizzata nel Sud della Penisola, una classe imprenditoriale che sembra avere perduto lo smalto di un tempo, ma in Italia si trovano tuttora delle forze vive, c’è una società civile che lotta con successo contro le miserie e le vergogne che incatenano il Paese, c’è una maggioranza di rappresentanti dello Stato che a rischio della propria vita combattono la criminalità. In breve, siamo una Nazione che, come tutte le altre, ha in in sé i pregi ed i difetti propri di ogni Paese e che, come chiunque altro, ha affrontato attimi terribili.
Anche l’Italia ha affrontato un periodo terribile che ha messo in pericolo la sua stessa stabilità. Gli Stati Uniti hanno avuto il Vietnam, la Francia l’Algeria, la Gran Bretagna la rivolta dell’Ulster, la Spagna il terrorismo basco. L’Italia ha avuto il Terrorismo, un decennio di sangue e di orrore che ha portato il nostro Paese sull’orlo del baratro. Morirono in tanti, in troppi durante quella che fu una vera e propria guerra civile strisciante. Furono uccisi in centinaia tra il 1969 ed il 1982…. cittadini, uomini delle forze dell’ordine, magistrati, giornalisti, politici, tutti sacrificati in nome di una ideologia aberrante e folle che voleva rimandare l’Italia all’età della pietra, cancellando la Democrazia. Bastava poco per morire….un giornalista fu assassinato soltanto per avere scritto un titolo sgradito ai terroristi, un poliziotto di 19 anni morì perché un terrorista voleva impossessarsi del suo mitra, un dirigente d’azienda venne rapito, torturato selvaggiamente e infine ammazzato perché considerato “oppressore dei lavoratori”, un operaio colpevole di essere fratello del primo terrorista “pentito” fu sequestrato ed infine assassinato in perfetto stile mafioso al termine di un “processo” farsa…. Non ci fu nessun gesto “eroico” da parte dei terroristi. L’attentato avveniva di solito nel momento in cui la vittima era sola e isolata, mentre saliva a bordo della propria autovettura, a bordo di un autobus, mentre camminava ignaro su un marciapiedi. Raramente gli assassini avevano il coraggio morale di fissare la loro vittima negli occhi prima di uccidere, bastava appoggiare la canna della pistola alla nuca e premere il grilletto. Anche gli attacchi agli appartenenti alle Forze dell’Ordine raramente erano condotti faccia a faccia. Bastava entrare in un bar dove si era fermata una pattuglia di poliziotti o carabinieri e sparare alle spalle, mentre stavano bevendo un caffè. Nessun altro Paese Occidentale ha mai dovuto sopportare un simile orrore, nessuno tranne l’Italia. Ma la nostra strana e splendida Patria possiede in sé gli anticorpi per sopravvivere.
Il Popolo Italiano rifiutò i terroristi e appoggiò incondizionatamente le Forze dell’Ordine e la Magistratura nella loro lotta contro l’eversione. I criminali si ritrovarono isolati dai loro stessi compatrioti. Per la maggior parte vennero arrestati e condannati (quasi tutti vennero rilasciati negli anni successivi, ma questa è un’altra storia) ma in tanti riuscirono a tagliare la corda ed a fuggire all’estero, come fecero i criminali di guerra nazisti nel 1945, ma questi ultimi erano scappati in Sudamerica, dove vennero protetti dalle dittature militari di allora, i criminali degli anni ’80, invece, trovarono rifugio nel posto più improbabile, in una Democrazia, in una Nazione che si era sempre detta amica dell’Italia, nel Paese che nell’800 aveva contribuito all’Indipendenza italiana e per il quale Garibaldi nel 1870 aveva condotto la sua ultima eroica campagna militare e nel cui esercito gli emigrati italiani del 1914 si erano arruolati in massa per difendere il Paese che li aveva ospitati dalle armate del Kaiser, il Paese verso cui molti intellettuali, patrioti e democratici italiani guardavano con profondo rispetto, in quella che veniva definita la “Sorella Latina”: in Francia.
Parigi ha un’antica e nobile tradizione d’asilo. Da sempre Oltralpe trovano rifugio i profughi di tutta Europa. Patrioti tedeschi ed italiani in fuga dai regimi reazionari dell’800, polacchi costretti a abbandonare la loro terra oppressa, ebrei in fuga dai pogrom antisemiti, russi antizaristi e dopo la Rivoluzione i russi zaristi, gli antifascisti italiani e tedeschi, i repubblicani spagnoli e, dopo il 1945 i profughi dell’Europa Orientale ed in seguito di tutto il Terzo Mondo. Tutte persone degne, costrette ad abbandonare la loro Patria da regimi oppressivi e da dittature spietate.
Tutte tranne i terroristi italiani.
Accolti con un sorriso benevolo da una certa classe intellettuale francese che ha sempre guardato con simpatia ai rivoluzionari stranieri (l’importante è che non giocassero a farlo in Francia), i terroristi italiani si sono ben acclimatati Oltralpe. Alcuni si sono ricreati delle vite “normali”, le stesse vite che hanno impedito di vivere alle loro vittime, altri ancora si sono creati uno spazio nel mondo culturale parigino che li osanna ad ogni piè sospinto, tutti sono protetti da una tale “dottrina Mitterand” che, in spregio ai trattati internazionali, tutela gli assassini.
Questa cosiddetta “dottrina” enunciata nel 1985 dal presidente francese Mitterrand (lo stesso individuo che da ministro negli anni ’50 asseriva che l’Algeria doveva restare francese e che nel 1987 fu il responsabile politico dell’attentato alla nave di Greenpeace, in Nuova Zelanda, costato la vita ad un uomo e che ora, anche se da morto viene accusato dal governo ruandese di essere il responsabile politico del genocidio che ha sconvolto il Paese africano nel 1994) consentiva ai criminali politici italiani (ufficialmente solo a quelli non responsabili di reati di sangue, ma di fatto a tutti) di restare in Francia a condizione di abbandonare la lotta armata “Gli italiani che hanno partecipato ad azioni terroristiche, approdati in Francia dopo avere rotto con la macchina infernale e avviato una seconda fase della loro vita, inserendosi nella società francese, sono al riparo da ogni richiesta di estradizione” . Una commissione formata da magistrati, consulenti politici, avvocati e alti ufficiali di Polizia esaminò le richieste di estradizione provenienti dall’Italia e le respinse, dichiarandole non conformi al diritto francese, lo stesso diritto penale che aveva abolito la pena di morte appena nel 1981 (in Italia fu abolita nel 1947) e che aveva eseguito l’ultima esecuzione nel 1977 (in Italia l’ultima era stata eseguita nel 1947). Una delle accuse mosse dalla Francia verso l’Italia fu che le condanne ai terroristi erano dovute a leggi di emergenza e che le condanne erano state comminate in assenza dell’imputato… affermazioni molto ipocrite: i francesi sapevano benissimo che queste leggi erano nate per rispondere all’emergenza creata dai terroristi stessi, che volevano distruggere la Democrazia italiana, e sapevano altrettanto bene che le sentenze erano state dichiarate in contumacia proprio perché gli imputati avevano tagliato la corda….era lapalissiano, ma i francesi finsero di credere alle proprie stesse parole e rifiutarono le estradizioni.
Fu allora che felici di averla scampata bella, i delinquenti politici italiani si inserirono nella società francese, latitanti ma ufficialmente accolti a braccia aperte, provvisti di documenti di identità e di permessi di soggirono. Ci fu chi divenne l’idolo del mondo culturale francese scribacchiando un paio di libretti e chi si trovò un lavoro comune, cercando di farsi dimenticare…. Esattamente come gli ex SS esuli in Paraguay o Argentina dopo il 1945 erano indifferenti di fronte all’Olocausto, anche i latitanti italiani di quello che avevano provocato se ne fregavano, le vite spezzate, le famiglie distrutte, una Nazione traumatizzata, nulla. Erano liberi ed erano impuniti: il sogno di ogni criminale. Solo ogni tanto, periodicamente, arrivava dall’Italia qualche richiesta di estradizione che veniva però quasi sempre rigettata (su 94 richieste solo una è stata accettata dalle autorità francesi). Ma il passato ritorna sempre, come le onde si infrangono sempre sugli scogli.
Per una dei criminali, che non nomineremo per non sporcare queste pagine, il passato si chiama Sebastiano Vinci, vicequestore della Polizia di Stato.
Vinci nel 1981 ha 44 anni, da giovane aveva quello che si chiama “un posto d’oro” in banca, ma ha mollato tutto per entrare in Polizia, diventando uno dei funzionari più validi ed apprezzati della Questura di Roma.
Nel 1981 il dottor Vinci è dirigente del Commissariato Primavalle, a Roma. Primavalle è un quartiere difficile in quegli anni, al centro di fortissime tensioni politiche, ma Vinci è un ottimo Poliziotto e combatte con tenacia contro i terroristi delle Brigate Rosse che cercano di trasformare il quartiere in una loro roccaforte. Basta questo per segnare la sua condanna a morte.
Alle 13, 30 del 19 Giugno il dottor Vinci si trova a bordo della sua autovettura di servizio, condotta dall’autista, l’agente Pacifico Votto.
A che cosa avrà pensato Sebastiano Vinci mentre vedeva il semaforo in fondo alla strada diventare rosso? Ai fascicoli ancora da esaminare sulla sua scrivania? Alle scritte inneggianti alla lotta armata che appaiono sempre più frequenti sui muri di Primavalle? Oppure, umanamente, alle vacanze ormai prossime nella sua Catania?.
L’agente Votto ferma al semaforo, si gira verso il dottor Vinci e fa per dire qualcosa poi spalanca gli occhi per lo stupore e la paura e grida “ATTENTO, DOTTORE!” .
Sebastiano Vinci si gira di scatto sul sedile e li vede. Tre uomini ed una donna, in piedi, all’esterno dell’auto, puntano le pistole verso di lui. La mano di Vinci corre verso l’impugnatura della pistola, pur sapendo che non riuscirà mai a raggiungerla. L’ultima cosa che Sebastiano Vinci riesce a vedere sono i deflettori dell’auto di servizio che crollano sotto l’impatto dei proiettili….poi sente altri spari. Non lo saprà mai, ma il suo agente, nonostante le terribili ferite subite, è riuscito a rispondere al fuoco mettendo in fuga il commando omicida. Poi la voce del suo agente “Dottore! Dottore!” e. rivolto a qualcuno che Vinci non può vedere “Chiamate i soccorsi…siamo feriti!”. Sirene. Urla. Qualcuno invoca Dio, qualcuno lo impreca. Arrivano i paramedici….ora è in ambulanza, ma il dottor Vinci sa che sta per morire.
Il dottor Sebastiano Vinci muore poco dopo essere stato trasportato all’ospedale Gemelli di Roma.
L’agente Votto, nonostante le gravissime ferite, riesce a salvarsi.
Ma la tragedia non termina qui. La vedova del dottor Vinci cade in una depressione terribile, dalla quale non riesce ad uscire, si ammala gravemente e poco tempo dopo muore a sua volta.
Ma questo sangue ai terroristi non basta. Gli assassini strappano altre vite, sino a che la donna del commando viene arrestata nel dicembre 1982 insieme al compagno di vita (poi marito), suo complice, dopo uno scontro a fuoco con i carabinieri a bordo di un autobus romano.
La Criminale viene processata insieme ai propri compagni delle BR. Durante la detenzione non si pente né si dissocia dai delitti compiuti, anzi li rivendica firmando documenti inneggianti alla lotta armata. Nel 1988, incredibilmente, viene rilasciata per decorrenza dei termini di custodia e attende la condanna agli arresti domiciliari. Viene condannata all’ergastolo e la sentenza viene confermata dalla Corte di Cassazione nel 1993, ma la Criminale non è più lì. Ha preferito tagliare la corda e raggiungere l’ospitale Francia dove si è ricreata una nuova vita, dopo avere rubato quella di Sebastiano Vinci e della moglie. Non ha paura, conta sull’omertà delle autorità parigine.
Poi nell’agosto 2007 viene arrestata e l’Italia ne chiede l’estradizione, perché finalmente paghi per le vite che ha cancellato.
Ma, come era successo poco prima per un altro terrorista ricercato dalle autorità italiane, per la Criminale scatta la solidarietà del mondo culturale francese e, quello che è sorprendente, anche della politica di Parigi.
Gli stessi che non hanno mai perseguito i crimini di guerra francesi in Indocina ed Algeria, che non hanno mai chiesto perdono per gli stupri compiuti dalle truppe coloniali francesi ai danni di migliaia di donne italiane durante la guerra, gli stessi che opprimono tuttora le loro ex (ex?) colonie africane, si ergono a moralisti e chiedono con arroganza all’Italia di “perdonare” la Criminale e tutti gli individui che volevano trasformare il nostro Paese in una Cambogia europea.
La moglie “italiana” del Presidente della Repubblica francese, chiede che la Criminale non venga estradata e la sua stessa sorella rende visita (presumiamo “ufficiale”) alla Criminale, al momento “ospite” di un ospedale psichiatrico, nel quale è stata ricoverata perché colta da crisi depressive.
Ma quello che è più grave e che costituisce un vero e proprio insulto alla sovranità nazionale del nostro Paese, sono state le dichiarazioni dello stesso presidente francese che, se da un lato si dichiara favorevole all’estradizione dall’altro compie un gesto altamente offensivo ingiungendo al nostro Capo dello Stato di concedere la Grazia Presidenziale all’assassina di Sebastiano Vinci e responsabile morale della morte di sua moglie.
Forse è il caso di informare il presidente francese che queste cose le possono forse chiedere alle loro colonie, ma di certo non a noi, Nazione indipendente dal 1861.
Ora un Tribunale francese ha bloccato l’estradizione della Criminale, accampando motivi sanitari dipendenti dalle gravi condizioni di salute dell’assassina colta da “stati depressivi”. Non abbiamo dubbi sul suo stato psicologico… dover scontare i propri peccati è una cosa che manderebbe in crisi chiunque abbia sempre pensato di averla fatta franca. Ma non dubitiamo che anche questa volta la Francia la proteggerà, lasciandola nel suo comodo esilio parigino, sferrando l’ennesima pugnalata alle spalle dell’Italia e dei suoi Caduti.
(per la redazione di cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti)
Giorgio io non mi meraviglio più di niente. Basta pensare a una legge assurda che si chiama “prescrizione” con la quale viene permesso a uomini che hanno compiuto reati di ogni genere di passeggiare tranquillamente per le vie della città. Per quanto riguarda i reati penso che questi avvengono sia al Nord che al Sud solo che al Nord la mafia è più organizzata. Non riesco poi a capire poi come mai io non vedo mai nessun agente (carabinieri, polizia, vigili urbani, guardia di finanza) sulle strade.
Bellissimo articolo… Purtroppo però la nostra politica ha la memoria (volutamente) corta ed altrettanto, triste ammetterlo, l’opinione pubblica. Mi riferisco alla partecipazione a Sanremo 2023 di quella “signora” (virgolette imposte dalla decenza) moglie di quello scandaloso presidente della Repubblica francese pregiudicato, che dopo aver gettato fango sui propri connazionali ha avuto il coraggio di esibirsi sul palco dell’Ariston, per intascare la generosa provvigione pagata dalla RAI con i soldi pubblici.