LE DUE STRAGI IGNOTE (Castiglione di Sicilia e Rizziconi, agosto-settembre 1943)
LE DUE STRAGI IGNOTE
(gli eccidi di Castiglione di Sicilia e Rizziconi, agosto-settembre 1943)
di Fabrizio Gregorutti
«…Un giovane di diciassette anni giaceva sulla soglia di casa, accanto ad un settantenne, trascinandosi morente fin presso ad un letto; la stessa mano che aveva colpito uno nell’ atto d’ arrendersi, insistendo poi contro il corpo martoriato prono nel suo sangue, crivellò il capo canuto di un ottuagenario inebetito; e non si permise che un padre, ucciso a tradimento da dietro una porta, fosse sostenuto moribondo dal figlio che l’ aveva visto colpire: il giovane ancora imbrattato del sangue paterno fu spinto fra gli ostaggi».
Nel 1994 , nel tribunale militare di Roma venne (ri)scoperto il cosiddetto “armadio della vergogna”, un mobile che all’inizio degli anni ’60 era stato chiuso con le porte rivolte verso la parete di uno sgabuzzino. Al suo interno erano contenuti quasi settecento fascicoli e oltre duemila notizie di reato relative alle stragi naziste, in cui si trovavano nomi, fatti, testimonianze circostanziate, abbastanza per inchiodare alle loro responsabilità i responsabili dei massacri compiuti dalle truppe tedesche e dai collaborazionisti italiani tra il 1943 ed il 1945. Non lo si fece e i motivi sono ancora dibattuti dagli storici.
Al di là di queste considerazioni, ancora oggi si continuano a cercare e a mandare sotto processo vecchi novantenni tedeschi e austriaci emersi dall’armadio soldati della Wehrmacht o delle SS, responsabili di atroci delitti. Per alcuni ci sono nomi e cognomi dei responsabili, vi sono state condanne che, per quanto destinate spesso a non essere mai scontate hanno permesso di raggiungere la verità, ma ammettiamolo, l’orrore di quei massacri non è mai stato compreso a pieno e nemmeno conosciuto.
Certo, tutti conoscono Marzabotto ( 770 morti), Sant’Anna di Stazzema (560 morti) Fosse Ardeatine (335 morti), eccidi suscitanti sdegno ed orrore, ma ad eccezione della Sardegna non vi è regione dove la ferocia delle truppe tedesche in ritirata non abbia colpito, anche se poche volte l’orrore di quelle stragi supera i confini locali..
Nomi come Rionero in Vulture (PZ) (16-24 settembre 1943, 18 morti), Barletta (12 settembre 1943, 12 vittime); Caiazzo (CE) (12 ottobre 1943, 22 morti) , Onna (AQ) ( 2 giugno 1944, 17 uccisi); Gubbio (21 giugno 1944, 40 morti), Civitella in Val di Chiana (AR) (29 giugno 1944, 260 morti); Monchio, Susano e Costrignano (MO) ( 18 marzo 1944, 136 vittime), Benedicta (GE), (6-11 aprile 1944, 75 morti) Cumiana (TO) (3 aprile 1944, 58 morti) Milano, piazzale Loreto (10 agosto 1944, 15 morti) rastrellamento del Grappa (21-27 settembre 1944, oltre 500 morti); Trieste, via Ghega (24 aprile 1944, 51 morti), Avasinis (UD) (2 maggio 1945, 51 morti) Valle del Biois (TN) ( 20-21 agosto 1944, 44 morti), Merano (30 aprile 1945, 10 morti) sono solo tappe di un’atroce via crucis che attraversa la Penisola dal Sud al Nord e che molto spesso è ignota al grande pubblico. In realtà i paesi e le città martiri sono decine.
Le motivazioni di quell’orrore sono ancora oggetto di disputa tra gli storici. Ferocia, rabbia per il “tradimento” italiano, odio razziale, terrorismo. Si è parlato di “giustificazione” per le rappresaglie, si è citata la Convenzione dell’ Aja del 1907 per teorizzare il “diritto di rappresaglia”, si è discusso del rifiuto da parte tedesca di riconoscere i partigiani come combattenti.
In realtà dietro a quelle vuote parole vi sono 15000 morti, 15000 italiani assassinati e che mai, o quasi mai hanno ricevuto giustizia.
Come le vittime descritte nel brano all’inizio di questo testo, tratto dal Corriere di Sicilia del 4 ottobre 1943 e dedicato non ai martiri delle Quattro Giornate di Napoli e delle prime stragi naziste nel Sud Italia, ma alle vittime di un massacro sconosciuto, quello avvenuto a Castiglione di Sicilia (CT) il 12 agosto 1943.
12 agosto 1943…. Italiani e tedeschi sono ancora alleati e stanno morendo fianco a fianco sui campi di battaglia dei Balcani, nei cieli e sui mari del Mediterraneo. Le città italiane vengono costantemente bombardate da aerei alleati. Roma è già stata colpita, Foggia è stata martirizzata da una serie di incursioni che hanno ucciso decine di migliaia di persone.
Certo, Mussolini è caduto e anche se il nuovo primo ministro Badoglio ha detto che la “guerra continua” i tedeschi lo guardano con sospetto, tanto che già all’inizio di agosto Hitler si era baloccato con l’idea di un blitz destinato alla cattura della famiglia reale e del governo italiano.
Manca poco meno di un mese all’8 settembre ed al suicidio della Prima Italia, quella monarchica, quando un gruppo di paracadutisti tedeschi della Divisione Paracadutisti Corazzati Hermann Goering, scortati da un carro armato, irrompe a Castiglione di Sicilia, un paese all’epoca di forse 8000 abitanti posto sul versante nord dell’Etna, sulle rive del fiume Alcantara. E’ un paese che è sempre rimasto ai margini della Storia, ad eccezione di un assedio al castello cittadino effettuato dalle truppe aragonesi durante la medievale guerra dei Vespri.
I castiglionesi non sono sorpresi dalla presenza tedesca. Dopotutto si sa che il loro comando si trova da alcuni giorni in contrada Sciambro, dove sono giunti alcuni giorni prima in attesa di imbarcarsi verso Messina, mentre in un’altra contrada, Passopisciaro, sono attestati i militari italiani.
I rapporti tra civili e militari non sono niente di eccezionale. I castiglionesi non vedono l’ora che la buriana sia finita. Troppi ragazzi del paese sono morti sui vari fronti bellici ed altri ancora si trovano fuori dalla Sicilia per poter credere ancora nella vittoria finale.
Poi c’è la fame, la vera grande nemica. In quel 1943 la Sicilia è sull’orlo della carestia tanto che i civili, alla disperazione, sono stati costretti a mangiare le carrube destinate all’alimentazione del bestiame. La gente capisce benissimo che non ci vorrà molto prima i più deboli inizino a morire d’inedia. E’ meglio che la guerra finisca in fretta. Si potranno piangere i morti, aspettare il ritorno dei figli lontani e ricominciare a vivere.
Ma quel 12 agosto cambierà per sempre la storia di Castiglione.
I tedeschi sparano sui castiglionesi che incuriositi dall’irruzione dei tedeschi si affacciano ai balconi e sulle porte delle case o che si trovano nelle vie del paese mentre si stanno per recare in campagna.
Poi inizia il rastrellamento degli uomini del paese i quali vengono picchiati a sangue con le armi, a calci e pugni e guai a non muoversi in fretta! Un sordomuto che non può capire gli ordini grugniti dagli assassini della Luftwaffe viene freddato da un colpo d’arma da fuoco al cuore, altri che si attardano troppo o non si muovono abbastanza velocemente per gli ordini degli assassini vengono uccisi davanti alle loro famiglie, una donna che cerca di difendere marito e figli viene scaraventata dal balcone e lasciata sul selciato con le gambe fratturate a chiamare disperatamente gli uomini di casa, che vengono trascinati come bestie fuori dal paese.
Non tutti i fallschirmjaeger tedeschi sono degli assassini brutali. Alcuni superstiti ricordano uno dei parà che finge di non vedere alcuni civili nascosti in un’abitazione. Un altro tedesco mostra ad una famiglia terrorizzata la propria medaglietta di battesimo e dice loro “Katholisch…Katholisch“ e prima di andarsene si accontenta di bere un bicchiere d’acqua.
Ma sono solo due sprazzi di luce nel buio dell’orrore. Circa duecento ostaggi vengono rinchiusi nel “cannizzu“ un antico torrione di origine medievale fuori da Castiglione e in un ovile, mentre in paese i paracadutisti si dedicano al saccheggio, perchè i duri e puri guerrieri nazisti amano molto la rapina, come si accorgeranno gli altri italiani della Penisola nel corso dei successivi ventitre mesi di guerra. La loro sorte è segnata, urla l’ufficiale tedesco al parroco del paese, don Giosuè Russo e a suor Anna Amalia Casini, gli eroi sconosciuti di questa tragedia. Moriranno tutti, grida, ma perchè?
Qual è il motivo di quel sangue? Ci sono due versioni. In una si parla del furto di un camion tedesco carico di generi alimentari, fatto forse da criminali comuni o forse da sbandati. Un’altra viene riportata nel suo diario da suor Amalia
«Siccome nel tempo in cui i tedeschi si trovavano a Castiglione… i paesani avevano ucciso cinque tedeschi – scrive nel suo diario suor Amelia – perché devastavano le campagne e spadroneggiavano a più non posso…, quindi per cinque dei loro morti ne dovevano uccidere trecento»
un’altra religiosa, suor Emilia narra
«L’ interprete girava intorno al capitano con insistenza ripetendo le stesse parole: i colpevoli sono fuggiti! Ma il capitano gridava: cinque me ne hanno uccisi, fucilateli subito»
(brani tratti dall’articolo di Ezio Costanzo, pubblicato il 28 luglio 2010 su “Repubblica”)
si prepara quindi una rappresaglia di proporzioni ancora più atroci e sconvolgenti.
C’è anche un’altra ipotesi. La stessa unità tedesca pochi giorni prima, il 3 agosto, era stata scacciata dalla cittadina di Mascalucia, a cinquanta chilometri più a sud di Castiglione. Era avvenuto che un civile si era opposto al saccheggio dei propri beni compiuto dai paracadutisti tedeschi, i quali lo avevano freddato, ferendo anche un suo familiare. Il delitto aveva provocato la rivolta degli abitanti del paese, coadiuvati da alcuni genieri del Regio Esercito. Nel combattimento erano rimasti uccisi da cinque a nove tedeschi (le cifre sono discordanti) e un giovanissimo militare originario di Mantova, intervenuto a dare sostegno ai civili italiani in rivolta. I magnifici dei della guerra germanici erano stati costretti a lasciare Mascalucia con le pive nel sacco dopo una breve mediazione condotta dai carabinieri e dai militari italiani. Era mai possibile che per la seconda volta in dieci giorni i fallschirmjaeger si facessero scacciare da un branco di contadini?
Gli ostaggi castiglionesi si salvano per miracolo dall’eccidio finale, compiuto dall’alleato germanico. Le suore offrono la loro vita in cambio di quella dei prigionieri e questa offerta permette di guadagnare un po’ di tempo poi nelle prime ore del mattino del 14 i tedeschi abbandonano Castiglione, dove stanno per piombare gli inglesi e si dirigono verso Messina e la Penisola, dove si distingueranno in una serie di atroci massacri che raggiungeranno il loro apice a Civitella in Val di Chiana, il 29 giugno 1944. A Castiglione gli abitanti possono finalmente piangere e seppellire i propri morti:
Nicolò Camardi, Francesco Cannavò, Giuseppe Carciopolo, Antonino Calano, Nunzio Costanzo, Giovanni Grifò, Giovanni Damico, Francesco Di Francesco, Salvatore Di Francesco, Giuseppe Ferlito, Vincenzo Nastasi, Salvatore Portale, Santo Purello, Giuseppe Rinaudo, Carmelo Rosano, Giuseppe Seminara.
16 morti e 20 feriti…..
Su questa strage, la prima strage nazista in Italia, compiuta quando ancora Roma e Berlino sono alleate, ci sono molti interrogativi.
Il primo non è tanto la perversa motivazione dell’eccidio, sulla quale abbiamo discusso più sopra, ma sul perché venne condotta dai tedeschi senza consultare le autorità militari italiane presenti in una contrada poco lontana dal paese, come abbiamo visto. Se si è alleati si presume che si condividano onori ed oneri. E’ possibile che già allora, prima ancora dell’armistizio, la Germania si comportasse da potenza occupante, tradendo per prima l’alleata Italia, ormai debole e morente?
Molto probabile. Del resto, poche settimane dopo, a Rizziconi (RC) , il 6 settembre, dopo che i tedeschi ebbero ucciso due commandos inglesi che avevano appena compiuto un’incursione, i militari germanici bombardarono con l’artiglieria la cittadina calabrese, uccidendo per rappresaglia 17 persone:
Carmine Coppola, 57 anni. Petronilla Forgione, 15 anni, Teodoro Coppola, 14 anni; Santo Coppola, 9 anni; Arturo Costa, 15 anni; Antonio Papalia, 73 anni; Emilia Bova, 20 anni; Elisabetta Pappatico, 52 anni; Maria Rosa Bova, 13 anni; Giuseppina Bova, 4 anni; Carmela Sganga, 14 anni; Domenico Scarfo’, 19 anni; Carmela Romeo, 8 anni; Vincenzo Carlino. 33 anni; Giovanni De Maria. 52 anni; Concetta Lizzi, 73 anni.
e ferendone quasi altre sessanta.
Era la dimostrazione che l’alleata Italia non veniva più ritenuta degna di nessuna considerazione dal “nobile” alleato germanico.
Il secondo interrogativo è perché i militari italiani, presenti anche loro in una contrada alla periferia di Castiglione non siano intervenuti armi in pugno in soccorso dei propri connazionali aggrediti. Impossibile che non l’abbiano saputo. Impossibile che in due giorni nessun castiglionese non abbia raggiunto i comandi italiani implorando aiuto. Perché non sono intervenuti? I castiglionesi erano la loro gente, la nostra gente. Perché?
C’è solo una spiegazione: viltà. La stessa dei comandi militari che un mese dopo lasciarono morire gli eroi della Acqui a Cefalonia e che abbandonarono milioni di soldati senza ordini. A Mascalucia i genieri ed i carabinieri si erano battuti accanto ai propri connazionali, a Castiglione no, forse perché il 12 agosto c’erano le navi che li aspettavano a Messina… perché mai avrebbero dovuto farsi uccidere?
Il terzo è sul perché dopo l’8 settembre l’Italia monarchica non abbia mai rigettato le accuse di tradimento sui tedeschi: Castiglione e Rizziconi erano dei motivi più che sufficienti per portare l’alleato sul banco degli imputati. Per farlo ci voleva molta più scorza morale di quella in possesso dei capi militari e politici che ci portarono all’armistizio.
Quarto. Perché l’Italia repubblicana non perseguì i responsabili di Castiglione e Rizziconi? Beh, se andiamo a vedere gli elenchi delle stragi naziste solo alla fine degli anni ’90 si sono svolte serie indagini sugli eccidi perpetrati nella penisola e molti di questi non hanno ancora un colpevole certo, al di là di un generico “truppe germaniche” o “nazisti”. Per di più solo il fascicolo su Castiglione è presente nell’ “armadio della vergogna”. Rizziconi è stata dimenticata. Le stesse famiglie delle vittime di quest’ultima strage non hanno mai chiesto giustizia a un tribunale italiano.
I motivi delle mancate indagini sono vari: si parlò dell’immancabile coinvolgimento dei servizi segreti, di realpolitik per non sconvolgere gli equilibri della NATO, della necessità di evitare che per reciprocità i governi di Belgrado, Tirana, Atene e Addis Abeba chiedessero l’estradizione degli italiani accusati di crimini di guerra nei loro Paesi.
Quinto: perché Castiglione e Rizziconi non vengono ricordate oggi come meritano? Solo nel 2003 la prima città martire ha ricevuto una medaglia di bronzo, che non si nega mai a nessuno. Le due cittadine sono il simbolo della brutalità dell’”alleato”, ma sono state dimenticate dalla Storia, circondate come sono da massacri ugualmente atroci, ma con un numero di vittime ancora più ingente, come Fosse Ardeatine, Marzabotto, Civitella in Val di Chiana , compiuto anch’esso dai paracadutisti della Goering e gli eccidi sulla Linea Gotica, in cui la Goering dimostrò ulteriormente la propria ferocia.
Ammettiamolo. Dire che ben prima dell’8 settembre eravamo già una Nazione occupata ci costringerebbe a farci molte domande, alcune delle quali estremamente imbarazzanti e poi, sai che noia andare a ricordare ogni eccidio? che palle la Storia!
Meglio quindi dimenticare i martiri di Castiglione di Sicilia e Rizziconi e quelle trentatre croci.
Meglio per tutti.
Fonti “Arrivano i nostri” di Alfio Caruso, Milano 2004, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/07/28/castiglione-la-strage-dimenticata-quei-sedici-martiri.html, http://blog.pupazzipensieri.it/2007/08/le-stragi-dimenticate-castiglione-di.html, http://www.anpibrindisi.it/archivio-storico/l%E2%80%99eccidio-nazista-di-rizziconi-6-settembre-1943/