Lavoro e umiltà
Era da parecchio che non scrivevo per Cadutipolizia.
Non che la passione per questo portale si fosse affievolita, intendiamoci. L’attività di ricerca è proseguita e ad essa si è sommata l’immensa mole di lavoro per il restyling del portale. Soltanto che troppo alto era diventato per me il rischio di cadere nella retorica o – peggio – in eccessive edulcorazioni di fatti e personaggi che, loro malgrado, sono entrati a far parte di questo gigantesco sacrario virtuale.
Aggiungiamo pure il fatto che l’informazione mordi-e-fuggi da social network (spesso superficiale quando addirittura falsante) ha di fatto sterilizzato il piacere generale di una lettura approfondita su qualsiasi argomento, anche sui nostri Caduti.
Per anni lo Staff di Cadutipolizia si è rapportato a fatti di cronaca nera che hanno coinvolto i nostri Fratelli in Giacca Blu cercando di farlo in modo diretto, viscerale, molto spesso “di pancia”, senza tuttavia discostarsi da quella che è stata la ricostruzione degli eventi, sempre dolorosa, talvolta addirittura scomoda. Ogni volta che si è trattato di scrivere sui nostri Caduti, si è sempre aperta una ferita poiché non si può e non si deve restare insensibili di fronte alla morte di un nostro Collega, anche se questo dovrebbe far parte del cosiddetto “diritto di cronaca”. I nomi che si presentano alla mia mente sono tantissimi, da quelli più conosciuti (le guardie Antonio Annarumma e Antonio Marino, il Commissario Capo Luigi Calabresi, tanto per citarne soltanto alcuni) a quelli scoperti per caso, dimenticati da tutti, anche dalle nostre Istituzioni: le guardie aggiunte Gentile e Fumarulo, assassinate a Foggia durante il controllo di due pregiudicati; l’Appuntato Antonio Di Palo, morto a distanza di anni dalle ferite riportate in un conflitto a fuoco; Aldo Corruccini, operatore in quiescenza stroncato da un malore a Roma dopo avere inseguito e catturato uno scippatore…. Anche qui, pochi nomi su tutti.
Poi, in un giorno di fine estate un caro amico mi manda il link alla notizia del decesso di un altro nostro Fratello: l’Ispettore Superiore Pasquale Bufaletti della Squadra Volante della Questura di Roma.
Ripercorrere la carriera di questo grandissimo poliziotto mi ha dato i brividi, a partire dall’anzianità di servizio: 40 anni con addosso la Giubba Blu! In un’epoca in cui le circostanze molto spesso portano molti di noi a cercare la pensione anticipata, anelandola come unica via di salvezza da un sistema che sta stritolando il concetto stesso di sicurezza, diventa quasi un anacronismo leggere ancora di Uomini e Donne che non cercano sconti né scorciatoie, anche se queste sarebbero ampiamente meritate.
E l’anacronismo assume toni quasi da leggenda quando leggi che l’Ispettore Superiore Bufaletti nel 2007 era rimasto gravemente ferito in un’operazione di Polizia avvenuta a Guidonia: la sera del 3 novembre un individuo si era asserragliato nel proprio appartamento di via Fratelli Gualandi armato fino ai denti. Non aveva esitato ad aprire il fuoco sui passanti e sulle Forze di Polizia accorse sul posto, causando morti e feriti. L’Ispettore Superiore Bufaletti, nonostante il giubbotto antiproiettile indossato, venne attinto a una spalla da una fucilata. Sebbene ferito, si adoperò fino alla perdita delle proprie forze per mettere al riparo i passanti ancora stesi sul selciato. Per tale encomiabile attività venne insignito della medaglia di bronzo al valor civile e della promozione straordinaria per meriti di servizio. Venne inoltre riconosciuto come Vittima del Dovere e, una volta ristabilitosi, aveva ripreso il proprio servizio sempre a bordo di quelle Volanti dalle quali avrebbe avuto tutte le ragioni di staccarsi.
L’Ispettore Superiore Bufaletti rilasciò anche un’intervista su quei fatti che lo portarono vicino alla morte: si nota un uomo riservato, che ricostruisce gli avvenimenti sottovoce, quasi costretto dalla “ragion di Stato” a sottoporsi al fuoco di fila di domande dei giornalisti, con una fretta dannata di togliersi dalle luci della ribalta che lui non aveva mai cercato né tantomeno voluto.
Ma, a evitare una retorica che non mi è propria, voglio tornare sull’aspetto iniziale di questa storia: i 40 anni di servizio. Sono quasi la mia età anagrafica, quando Bufaletti entrò in Polizia avevo solo 5 anni e sulla Divisa c’erano ancora le stellette. L’anno stesso di arruolamento è un anno terribile (non certo “formidabile”, come furono definiti tutti gli anni Settanta da certa stampa “di regime”): il 1977, anno di terrorismo eversivo ai massimi livelli, anno di manifestazioni ove il ricorso alle armi da fuoco è la regola dall’una come dall’altra parte delle barricate: a Milano era stato ucciso il brigadiere Antonio Custra, attinto al volto da un colpo di 7,65 sparato da un manifestante. A Roma, poi, il 1977 è l’annus horribilis: l’anno di Giorgiana Masi, l’anno delle gambizzazioni e dei rapimenti, l’anno delle molotov e della “Hazet 36”, la gigantesca chiave inglese brandita dai cosiddetti “katanghesi”. I poliziotti dovevano tornare a casa cambiando sempre itinerario, addirittura camuffandosi e cambiandosi d’abito più volte al giorno, nel perenne terrore di essere seguiti, di mettere a repentaglio la vita dei propri cari oltre che la propria. Nei “covi” dei brigatisti erano comunque stati trovati veri e propri schedari ove ogni agente era stato censito, fotografato, analizzato sotto ogni profilo. E poi le interrogazioni parlamentari, la pressante richiesta del disarmo della Polizia, il suo profondo malessere interno ove idee come smilitarizzazione e sindacalizzazione venivano discusse di nascosto, con linguaggio in codice e con il carcere militare pronto a spalancare i propri cancelli a quei poliziotti le cui idee erano ritenute addirittura sovversive.
Bufaletti lo troviamo proprio lì, in quel 1977: 1° Reparto Celere di Roma, la falange oplitica dell’ordine pubblico, quelli che uscivano dalla caserma sapendo che sarebbero potuti non rientrarvi più. Con la tuta da OP addosso Bufaletti vive la Roma peggiore, un biennio di sangue che raggiunse il suo apice con la strage di via Fani e con il rapimento e l’uccisione dell’on. Aldo Moro.
Poi, il trasferimento al Commissariato “Ponte Milvio” e l’assegnazione alla Squadra Volante. Anche lì, prima linea: oltre ai brigatisti, c’è da fronteggiare una criminalità sempre più agguerrita. Il piombo che vola in strada, sempre lo stesso. Da quelle Volanti, l’Ispettore Superiore Bufaletti non scenderà più fino alla fine del servizio, fino a quando anche lui cederà le armi.
Parliamo di almeno 35 anni di turni in quinta, di “vita venduta”: migliaia di notti, festivi, domeniche sacrificate alla famiglia. Era diventato un punto di riferimento indiscusso per tutte le Volanti della Capitale: sempre disponibile, sempre in prima linea. Ma con umiltà.
Al momento della messa on line di questo articolo ancora non sappiamo se la morte di questo grandissimo sottufficiale sia dovuta o meno alla causa di servizio che lo ha portato agli onori della cronaca. Se così sarà, non esiteremo a riservargli un posto nel Sacrario di Cadutipolizia. Di sicuro il suo ricordo – soprattutto per i più giovani – diventa doveroso e dovrà servire da esempio per tutti.
Per la Redazione Cadutipolizia: Gianmarco Calore
Buongiorno e grazie di cuore per il ricordo dell’ Isp. Bufaletti; su youtube c’è un video della sua intervista che racconta quei tragici e drammatici momenti di Guidonia, e poi ogni anno ricordano con una Messa il tatuatore e la Guardia Giurata caduti sotto i colpi di arma da fuoco ( c’è anche una targa con i nomi sul muro del palazzo dove avvennero i fatti )
Grazie a lei per la sua testimonianza. Stiamo seguendo da vicino la situazione per verificare un eventuale riconoscimento della causa di servizio.
Buonasera, ho conosciuto l’Ispettore Bufaletti tramite i video di volante 113 su YouTube e l’ho da subito apprezzato, per la Sua umanità che traspariva dalle Sue parole dai Suoi comportamenti. Ho appreso dal Vs sito della Sua scomparsa. Vorrei esprimere alla Famiglia e a tutti coloro che lo hanno conosciuto il mio più profondo cordoglio.
Buonasera sig. Cappelli.
La ringraziamo per la sua testimonianza. Siamo sicuri che la famiglia dell’ispettore Bufaletti leggerà le sue parole. Cordiali saluti dalla redazione.
Era il mio migliore amico abbiamo fatto il corso insieme Il 51′ ad Alessandria uscivamo sempre insieme anche dopo i vari trasferimenti, appresi la notizia dai giornali, poi ci siamo rivisti dopo la Sua diciamo guarigione, ma quel maledetto giorno lo aveva segnato da li a poco ci. Lasciò Riposa in pace fratello Lino. Andrea Doria