7,65 (la lunga guerra civile italiana)
Milano, 14 Maggio 1977
Il proiettile attraversa a velocità subsonica l’intera strada. Basta meno di un battito di ciglia e la pallottola calibro 7,65 percorre i circa cento metri che vanno dal fondo di via De Amicis all’angolo con via Ausonio, terminando la propria corsa contro un uomo.
Si chiama Antonio Custra, è un vicebrigadiere di Pubblica Sicurezza in servizio presso il III Reparto Celere di Milano ed è impegnato da circa un’ora, insieme ai suoi uomini, nei furibondi scontri che contrappongono le Forze dell’Ordine a gruppi di formazioni “autonome”. Sono scontri rabbiosi, con lanci di sassi ed altri oggetti contro i poliziotti che rispondono a colpi di lacrimogeni. Ma i contestatori hanno anche armi. Tante armi con le quali sparano contro lo schieramento degli agenti. Non è una sparatoria estemporanea. E’ un tiro al bersaglio. E’ un omicidio premeditato. E’ un delitto freddo e programmato.
Il proiettile calibro 7,65 attraversa la visiera del casco del vicebrigadiere Custra, come se fosse fatta di carta e penetra nel cranio, fermandosi lì dopo avere devastato qualsiasi cosa che ha incontrato lungo il suo cammino. Quando crolla sul selciato, Antonio è già morto. Smetterà di respirare solo il giorno successivo, ma il suo cervello non esiste già più, distrutto da quel piccolo pezzo di piombo.
Antonio non ha nemmeno 30 anni, è sposato e la giovane moglie sono in attesa di una figlia che lui non conoscerà mai.
E’ il 1977, forse uno degli anni più terribili della storia d’Italia. Recentemente una delle protagoniste di quegli anni, ora un personaggio di prestigio, ha parlato con nostalgia del fermento culturale di quell’anno. Può darsi, non mi permetto di discutere in proposito.
Quello che so del 1977 e che si tratta di una delle date più significative della lunga guerra civile italiana che non è terminata nel 1945 con la Liberazione, ma che è continuata sotterranea per lunghi anni, con degli improvvisi scoppi nel 1948 con i moti insurrezionali seguiti all’attentato al Segretario del PCI Togliatti, nel 1960 con gli scontri di piazza ostili al governo Tambroni, nel 1968-69 con il cosiddetto “Movimento Studentesco”, l’”Autunno Caldo” e l’assassinio della guardia di Pubblica Sicurezza Antonio Annarumma e la strage di Piazza Fontana. E’ proprio il 1969 che segna la nascita della violenza diffusa di destra e sinistra, con attacchi di estremisti di entrambe le parti, bombe, vittime assassinate a sprangate. Sono gli “anni formidabili” in cui il magma di violenza politica che percorre il sottosuolo italiano erutta in una esplosione di odio e sangue.
Di questo si rende conto anche il Partito Comunista Italiano, quando preoccupato dalla incontrollabilità e dalla deriva degli estremisti di sinistra, cerca di riportarli nei binari della Democrazia istituzionale. Nel febbraio 1977 il segretario comunista della CGIL Luciano Lama entra all’Università La Sapienza di Roma, occupata dai collettivi dell’Autonomia della capitale e qui pronuncia delle parole severe e giuste di fronte ad una platea ostile e largamente infiltrata dai terroristi. Lama è stato un valoroso partigiano ed ha combattuto per liberare l’Italia dalla dittatura, e non ha paura di quegli sguardi carichi di odio che ha di fronte a sé. Esorta i giovani a non lasciarsi attrarre dalle sirene del terrorismo e dell’insurrezione ma la platea di fanatici davanti a sé non hanno voglia di ascoltare il coraggioso patriota che hanno di fronte a sé, il quale con energia cerca di ricondurli alla ragione. I “Che Guevara” dei ricchi lo contestano aspramente poi cercano di aggredirlo fisicamente ed è solo grazie al servizio d’ordine della CGIL che combatte duramente per salvarlo che Luciano Lama, sfuggito alla GESTAPO e alla Banda Koch, evita il linciaggio da parte degli estremisti di sinistra.
Gli scontri dell’Università dilagano in tutto il Paese e le città vengono devastate da un’orda di barbari fuori controllo, ma dietro i quali si vede chiaramente l’inquietante ombra del terrorismo che proprio in quell’anno si sviluppa ulteriormente.
Gli Uomini delle Forze dell’Ordine sono sottoposti a violenti attacchi, con morti e feriti come l’allievo sottufficiale Settimio Passamonti, ucciso da un altro colpo esploso da un estremista di sinistra rimasto sconosciuto dinanzi all’Università di Roma il 21 Aprile 1977. Le Forze di Polizia lottano con la forza della disperazione per riuscire a salvare l’Italia dall’abisso nel quale una piccola fazione di psicopatici voleva precipitarla, in un’orgia di sangue che ha pochi precedenti nella storia moderna del nostro Paese. E’ l’orrore allo stato puro..
Muoiono in tanti. Muoiono in troppi in quel 1977 “carico di fermenti culturali” ed il loro sangue prepara il momento più nero della Democrazia italiana, l’attacco al cuore dello Stato sferrato dai piccoli Pol Pot italiani, ovvero il sequestro di Aldo Moro ed il massacro della sua scorta.
Oggi sono passati trent’anni dall’assassinio di Antonio Custra.
La Milano per la quale lui è morto non lo ha ricordato con alcuna manifestazione e nessuna lapide in Via De Amicis all’angolo con via Ausonio ricorda il suo sacrificio.
Ma non ha importanza. Questo Paese ha una memoria a corrente alternata e ricorda solo ciò che gli fa più comodo al momento.
L’importante è che Antonio sia ricordato da coloro che lo hanno amato e da chi, come tutti gli Italiani onesti, riconoscono la nobiltà del suo sacrificio.
d